
Epicuro, fondatore di una delle più importanti scuole filosofiche dell’età ellenistica, nasce a Samo nel 340 a.C. da genitori ateniesi. Dopo aver viaggiato a lungo, dando vita ai gruppi locali di seguaci a Lampsaco e Mitilene, si trasferisce ad Atene intorno al 306 a.C. Li fonda una vera a propria scuola filosofica ed attrae numerosi discepoli nel giardino, una proprietà appena fuori città dove sono soliti incontrarsi gli epicurei. Muore nel 271 a.C. Lascia i suoi brani a due amici ateniesi, alla condizione che continuino ad occuparsi della scuola sotto la direzione di Ermarco di Mitilene poiché costui, non essendo cittadino ateniese, non ha la possibilità di diventare il legittimo proprietario. Comunità epicuree continuano a prosperare in tutto il Mediterraneo anche secoli dopo la morte del fondatore della scuola: epicurei, infatti, sono considerati personaggi di spicco della società romana come Attico, l’amico di Cicerone, e il tirannicida Cassio.
La scuola di Epicuro è anche detta Scuola del Giardino. Egli, in buona parte più polemico con Platone che con Aristotele, rifiuta la città, la dimensione politiche che la caratterizza. In questa la felicità non è facilmente realizzabile. Sovrastata dalla corruzione sempre più opprimente tale da non far sbocciare alcuna libertà la città diviene luogo di tensione politica ed inimicizia. La Scuola del Giardino è in aperta natura e fondata sul principio basilare: l’amicizia!

L’amicizia diviene la regola principale della scuola, quindi il rispetto reciproco è la base per un legame. L’amicizia è la virtù suprema, imprescindibile, che deve animare gli studenti. La scuola era aperta alle donne, non vi era alcuna esclusività maschile nel Liceo ed Accademia. Nella scuola si vive insieme, autoproducendosi e collaborando. La Scuola del Giardino è una sorta di comunità, un’eredità che Epicuro lascia ai suoi successori. La scuola per il filosofo greco non è un’ambiente chiuso, come in Pitagora, retta sugli altri uomini, sugli allievi in quanto dotto illuminato ma dagli dei. Epicuro oltre alle grandi capacità s’insegnamento ha ottimo carisma ed un destino molto fortunato nella Grecia: la scuola si diffonde, si radica, di passo in posso ottiene sempre più amore. Nella città di Roma i suoi scritti saranno divulgati da Lucrezio, ma cadranno in disgrazia quando l’egemonia culturale del cristianesimo lo boicotta, censura. I suoi scritti non verranno riprodotti ma distrutti.
Per Epicuro l’ateismo e l’edonismo saranno le due teorie che lo renderanno nemico pubblico della dottrina del cristianesimo, ma nonostante queste censure le tre lettere più importanti del filosofo greco giungono ugualmente: a) Lettera ad Erodoto b) Lettera a Pitocle c) Lettera a Miceneo, il celeberrimo scritto Sulla Felicità dove sono presenti i testi più conosciuti, diffusi e di attualità.
“La conoscenza è vera quando è sensibile”. Essa si fonda sul buon esercizio dei sensi, sulla loro buona complicità, rielaborazione che compie l’intelletto per disegnare il mondo esterno. Gli errori consistono nel non fermarsi nell’evidenza. Il dubbio va ben oltre le anticipazioni, considera la capacità di errore. La conoscenza evidente, sensibile è sempre vera; la conoscenza anticipatrice (rielaborazione intellettuale) ha un margine di errore quindi può rivelarsi fallace.
Nella lettera a Pitocle Epicuro porta in auge la teoria di Democrito che nella grande battaglia con Platone è stato sconfitto: le sue opere sono state censurate, gli aforismi sgominati dalla scuola filosofica e altrettanto dalla scuola di Aristotele. Epicuro ha il merito di sollevare il meccanicismo, l’atomismo dialetticamente mai calcolato. La sua fisica ricalca quella di Democrito: ogni cosa è composta da atomi, corpi materiali etra questi l’anima. Un corpo muore alla disgregazione degli atomi che si aggregheranno in un altro composto. Entrambi credono nella mortalità dell’anima e non nella sua immortalità esaltata da grandi filosofi come Platone, Aristotele e Pitagora. Gli atomi si combinano per caso, quindi è la casualità a governare l’universo senza nessun disegno divino o razionale. L’imponderabile governa il loro aggregarsi o disgregarsi dove l’imprevedibilità all’interno dell’universo è viva. Quindi non tutto avviene secondo ragione o secondo un fine, buona parte si manifesta attraverso la casualità. Questa teoria fisica prevede anche la negazione di fatto dell’interazione degli Dei con il mondo degli uomini. Essi vivono tra i mondi, in posti ubicati negli spazi vuoti. Non influiscono sulle comunità e non sono assolutamente avvertiti come un terrore o il nulla. Semplicemente vivono la loro vita.

Il cuore pulsante dell’ epicureismo è la TEORIA DELLA FELICITÀ, contenuta nella lettera a Meneceo, dalla quale possiamo dedurre, inoltre, LA TEORIA DEL TETRAFARMACO i quattro farmaci composti da cera, sego, pece e resina, per combattere e superare le malattie del corpo. Questi farmaci rendono l’uomo felice e o allevia dal dolore. L’EDONISMO (ricerca del piacere). L’uomo è felice quando non prova dolore. La felicità non è una lista da riempire con azioni che rendono sereno l’individuo. Essa consiste nell’eliminare tutto ciò che causa dolore.
Sono quattro i mali dai quali l’uomo di deve liberare:
- Il timore degli DEI: l’uomo non vive il giusto equilibrio e piacere poiché soffre il timore di Dio, valore assoluto del Cristianesimo che baserà buona parte della sua dottrina sull’obbedienza verso egli e nei confronti dei sacerdoti che ne esercitano la parola sulla terra. Gli Dei esistono come il male: l’interazione tra i due rende evidente la non interferenza dei primi con l’uomo, quindi è slegata ogni connessione. Per Epicuro non dobbiamo vivere timorati da Dio, essere succubi al giogo degli Dei. La vita degli uomini è nelle proprie mani, nella casualità. Bisogna fare, agire, pensare, non sparare ma credere.
- Il secondo male di cui bisogna liberarsi è il timore della morte. Non conoscendola non possiamo temerla e giudicarla negativamente. Tra essa e la vita c’è incomunicabilità, una sorta di rapporto insostenibile. Già Socrate narrava: “ Soltanto lo stolto può temere quello che non conosce”. Epicuro rafforza questo concetto dicendo: “Soltanto lo stolto può dire di temere ciò che non conosce con la sensibilità” ma esso non può fare esperienza sensibile della morte. Quando questa arriva non ci siamo più noi. I nostri sensi non presuppongono la morte, possono solamente immaginarla.
- Il terzo male deriva dal dolore fisico, quello passeggero perché male delle ore, del tempo, danneggiarsi la vita rispetto ad un dolore che tanto verrà meno e finirà? Per Epicuro la prospettiva deve essere l’apatia, l’indifferenza verso il dolore fisico. Se un dolore sarà mortale è inutile dannarsi, perché ne verremmo liberati al termine della nostra vita. La morte per Epicuro è l’anticamera della fine del dolore, libera dal male. Bisogna, altresì, rapportarsi con indifferenza verso la malattia. L’accettazione di una menomazione fisica da all’individuo maggior slancio e possibilità di felicità diversamente dall’idea di non accettarla e rimanerne succube.
- Il quarto male da cui liberarsi è la non soddisfazione dei piaceri e i desideri. Epicuro divide i piaceri in NATURALI e NECESSARI; NATURALI E NON NECESSARI; NON NATURALI E NECESSARI; NON NATURALI E NECESSARI. I primi vanno perseguiti. La felicità è data dall’appagamento del desiderio. Il dolore è dato dal non raggiungimento del desiderio stesso. I desideri naturali vanno sempre perseguiti perché sono quelli indispensabili come mangiare, bere, dormire. Bisogna valorizzare il piacere. L’esaltazione dei piaceri naturali e fisici vanno distribuiti in modo parsimonioso. Il mangiare, per esempio, non deve raggiungere picchi elevatissimi altrimenti si rischia l’assuefazione. Il mangiare è un desiderio naturale. Quindi l’edonismo per il filosofo greco si muove sulla moderazione. Gli epicurei esaltano l’autoerotismo come elemento di autosoddisfacimento, autonomia e di libertà. La dottrina cattolico e cristiana prima e e illuminismo dopo condannarono la ricerca autonoma del piacere. I piaceri artificiali, al contrario, portano dolore. Per Epicuro la ricerca della fama, del successo, del consumo ed ogni forma di potere sono deleteri per l’equilibrio della persona.

Questi desideri non vanno ricercati perché non hanno stabilità. Quando percepisci la fine della ricchezza e dell’amicizia subentra il malessere, l’infelicità. Quindi bisogna prefissassi piaceri stabili, duraturi nel tempo. Cooperazione, stabilità, convivenza ed eliminazione del dolore riducono la frenesia del disagio eliminando la tensione che intacca la nostra possibilità del piacere.
La comunità filosofica del giardino viveva in maniera morigerata, con un forte senso di appartenenza e di amicizia. Possiamo chiaramente ritenerla antitetica alla società del consumo, del capitalismo ed ogni dottrina che nella storia abbia cercato il successo ostentato e con tutti mezzi propri e non….