L’atteggiamento e la considerazione verso il disagio minorile è notevolmente cambiato dal periodo fra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento dove spesso i minori venivano considerati “soggetti bisognosi di aiuto e di una guida”, quindi non solo avviati ad una punizione dopo una malefatta commessa,. Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio investimento sulla paura del crimine, amplificando la percezione della paura, del distacco e spesso dell’isolamento del giovane facilmente additato come elemento fin troppo pericoloso all’interno della comunità nella quale vive.
Negli anni ’90 non c’era un uso così accorto dei media sempre pronti a fare focus verso i giovani. Il clima era nettamente più leggero seppur i luoghi dove avvenivano incidenti tra i gruppi, le comitive di giovanissimi (oggi sono chiamate baby- gag) erano luoghi alquanto simili (discoteche, piazze, luoghi simbolo delle grandi città metropolitane). Negli anni ’90 non dimentichiamo il mondo esasperato delle curve, gli incidenti all’interno e all’esterno di uno stadio, negli autogrill sulle autostrade quando si incontravano tifoserie avversarie, riviste che incentivavano il mondo ultras. A volte nella rete finivano anche ragazzi giovanissimi pronti ad emulare comportamenti di fratelli maggiori.
Mettendo a confronto le statistiche italiane con quelle di altri paesi europei, questi ultimi hanno fatto registrare casi più allarmanti dei nostri: nel 2018 nel nostro paese ci sono state 870 000 segnalazioni di reati alle autorità giudiziarie; di questi il 3,5% è riferibile a minori, una percentuale più bassa rispetto al 5,5% in Spagna, al 6,5% in Grecia ed a numeri in doppia cifra quando ci spostiamo nel nord Europa oppure in Francia o Austria. Nei paesi del nord la criminalità minorile assume proporzioni più giganti rispetti ai paesi mediterranei. Inoltre c’è da aggiungere la variante di paese in paese sulla punibilità di reati e una quota di reati che non viene segnalata o sfugge alle autorità preposte (il cosiddetto “numero oscuro”) per dirla con un linguaggio dei criminologi.
Limiti della punibilità: Scozia (8 anni), Inghilterra (10), Olanda- Irlanda (12), Francia- Polonia (13), Italia – Spagna- Germania (14).
La carcerazione è molto più alta nei paesi sopra indicati rispetto all’Italia: Germania e Francia 3 volte superiore, Inghilterra 4, Polonia 5.
Il disagio nelle periferie delle grandi città resta una delle cause più influenti nei reati in Italia. Le periferie, guarda caso sono i luoghi di maggior affluenza della politica comunale sotto elezione. Una politica che da anni non attecchisce più poiché la comunità non essendo stupida e ricorrendo all’autogestione della sopravvivenza, legge (giustamente) la falsità degli attori istituzionali dopo decenni di abbandono e promesse lanciate in aria. Qui potremmo tornare indietro in quei famosi anni ’80 e ’90 per annotare le differenze di un sottile contatto tra istituzioni e cittadini spesso sbocciate con semplici eventi di aggregazione, serate di cultura, divertimento e distrazione dal grande morso della sopravvivenza. Da anni a questa parte è assente la connessione tra gli spazi urbani, la scolarizzazione, l’integrazione per gli stranieri.
Il 42% di tutti i reati dei minori avviene nelle aree metropolitane. La città con il più alto indice di minorile è Bologna, guarda caso una delle città urbane dove maggiormente hanno funzionato e funzionano servizi sociali. Un dato che fa riflettere profondamente. Nel capoluogo emiliano per ogni 100.000 minorenni ne vengono denunciati o arrestati 260. I dati sono relativi al pre- covid dove c’è stato un complessivo calo dei reati. I dati presi in considerazione sono stati confrontati con quelli precedenti sempre a partire dagli anni ’00. Nell’insieme di casi segnalati in questo ventennio dei residenti tra i 14 e 17 anni ogni 100.000 abitanti Bologna è prima, seguita da Torino, Genova, Milano e Firenze; mentre la prima città meridionale è Catania. Napoli è al nono posto (anche se da diverso tempo si registra il più alto numero di rapine) e Reggio Calabria è all’ultimo. Roma è sotto la media.
Gli imputati minorenni sono per il 70% italiani e per il 30% stranieri (dati 2018). Oltre l’84% sono maschi e il 16% femmine. Il reato con il più alto numero di donne è il furto. In questa circostanza incidono le ragazzine straniere (23%).
La Lombardia è la regione con il maggior numero di segnalazioni riguardanti i minorenni, seguita dalla Sicilia, dall’Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Veneto e Campania. Entrando maggiormente nel dettaglio raffrontando i dati in rapporto alla popolazione minorile residente nelle singole regioni la Liguria è la prima, seguita dal Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia Romagna e subito dopo dalla Calabria. I reati sono legati alle aggressioni, risse, ferimenti, omicidi (17%), furti e rapine (62%) il resto relativo allo spaccio di stupefacenti (25%).
Sorge una differenza tra le regioni settentrionali e quelle meridionali: nel nord i reati sono compiuti quasi equamente da ragazzi del luogo e ragazzi stranieri, mentre nel sud i reati commessi dai ragazzi minorenni stranieri è molto bassa, mentre quella nativa supera il 50%. C’è da sottolineare la il numero notevolmente differente delle comunità straniere con altro numero di minori tra il sud e il nord. In Italia nel 2019 la percentuale di minori stranieri segnalati dall’autorità giudiziaria nel 2019 è poco più del 26% questo dato cresce a più del 33% a Roma e a Firenze, cresce oltre il 37% a Bologna e rasenta il 40% Milano. Raffrontato con i dati del 2004/2015i numeri sono ancora più significativi: Milano, Firenze e Genova vedono un prevalere, oltre il 50%, dei minori stranieri segnalati, mentre a Torino e a Bologna la soglia non supera il 60%. Per quanto riguarda Napoli le rapine e gli scippi riguardano quasi il 90% dei minorenni partenopei.
La comunità straniera che presenta in assoluto più minori coinvolti è quella romena, segue quella marocchina e quella albanese. Lo stesso andamento riguarda la criminalità adulta. Il furto rimane il principale reato dei minori stranieri e italiani, la deprivazione e il bisogno sembrano caratterizzare in maniera consistente queste statistiche. Aggiungo anche i mancati investimenti della politica sui giovani, sulla cultura e le varie opportunità per far uscire dal baratro dell’abbandono le comunità minorenni fino per emanciparsi e diventare virtuose.
Il termine baby-gang è molto utilizzato, spesso a sproposito, ogniqualvolta si verifica un reato in cui sono coinvolti più minorenni e giovanissimi.
In questi ultimi anni si parla e scrive di baby-gang di latino-americani operanti in numero consistente nel centro-nord. Nel sud in città come Bari, Catania e Napoli.
“Con baby – gang si intendono gruppi di adolescenti, poco più bambini, che riproducono dinamiche tipiche della criminalità organizzata” (Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza).
Normalmente sono legate al bullismo e non hanno una durata lunga. Il loro tempo di azione è breve. Non sono assolutamente strutturate, non hanno alcuna gerarchia interna come avviene con i grandi.
Nel centro-nord le aggregazioni spesso sono etniche a differenza del centro-sud dove sono di appartenenza territoriale. In questo ultimo caso il degrado, l’abbandono di determinati quartieri da parte della politica istituzionale e locale, sommata al potere delle mafie e la criminalità adulta ne fanno da padrona.
Le principali motivazioni delle agitazioni minorili sono dettate dalla “deprivazione, noia, identità ed emulazione”. Nel centro nord identità (stranieri) noia (italiani). La noia spesso prevale sul bisogno.
La non scolarizzazione è un elemento presente sia a nord quanto a sud; sia gruppi autoctoni, quanto in quelli misti. Un dato mette in luce il forte abbandono di questi ragazzi delle scuole nel periodo delle elementari. Molti ragazzini stranieri hanno avuto una fortissima difficoltà di apprendimento della lingua italiana oltre alla mancata scolarizzazione. Al di là di ciò dei reati commessi dai giovanissimi che partono dalla sopraffazione verso coetanei più deboli, handicappati, di orientamento sessuale o religioso diverso, fino all’ingresso di clan mafiosi attraverso azioni di violenza di strada, in questo paese non si è mai una politica giovanile suggestiva.
Ciò faceva fatica ad avvenire negli anni d’oro di questo paese, quelli del boom economico, la buona scuola, le nostre meravigliose università. In questi ultimi decenni con il crollo definitivo di un interessamento reale verso i giovani il fiume ha straripato, le buone parole dei salotti televisivi quanto nelle conferenze stampa di politici sempre più vip e meno umani non hanno retto…